LA PERSONALITÀ DI GIULIANO

Pochi imperatori romani sono stati oggetto di posizioni così controverse quanto lo è stato Giuliano. Gli autori pagani, pur non risparmiandogli alcune critiche, furono ovviamente suoi grandi estimatori; al contrario, quelli cristiani, lo odiarono spesso in modo viscerale.
Tra i primi, riportiamo il profilo fisico e psicologico dell’imperatore tramandatoci da Ammiano Marcellino e da Eutropio. Tra le fonti avverse, il breve resoconto della vita di Giuliano redatto da Orosio.

Ammiano Marcellino, Storie (XXV, 4)
[1] Uomo certamente degno di essere annoverato fra i geni eroici, ammirabile per le illustri imprese e per l’innata maestà (...).
[2] (...) la sua castità risplendette così inviolata che dopo la morte della moglie risulta che non lo sfiorò alcune pensiero amoroso (...).
[4] Questo genere di temperanza cresceva sempre più per effetto della parsimonia nel cibo e nel sonno a cui si atteneva sia in casa che fuori (...).
[5] Quando poi con un breve sonno aveva riposato il fisico abituato alle fatiche, svegliatosi controllava personalmente i cambi di guardia ed i picchetti. Dopo queste serie occupazioni militari, si ritirava a studiare (...).
[7] (...) Espertissimo nelle arti della guerra e della pace e assai incline alla cortesia, esigeva per sé tanta deferenza quanta riteneva che lo preservasse dal disprezzo e dall’insolenza. Era più vecchio per virtù che per età. Voleva conoscere tutti i processi ed alle volte diede prova di essere un giudice inesorabile. Si mostrava censore rigidissimo nel regolare i costumi, sereno spregiatore delle ricchezze e di tutte le cose mortali (...).
[8] (...) minacciava la spada anziché usarla (...).
[10] La sua fortezza appare dal gran numero di combattimenti e dal modo con cui condusse le guerre, come pure dalla resistenza alle temperature eccessivamente fredde ed al caldo. Sebbene ai soldati si richiedano prestazioni fisiche, al comandante invece l’attività della mente, egli in persona, venuto audacemente a battaglia, abbatté da solo fieri nemici ed opponendo agli avversari il suo petto, più d’una volta, trattenne i nostri in ritirata. Sia che rovesciasse i regni dei furiosi Germani, sia che si trovasse tra la polvere ardente della Persia, alimentava il coraggio dei soldati combattendo in prima linea (...).
[16] Ora che abbiamo esposto quei lati positivi del suo carattere che ci erano noti, passiamo a trattare, sia pur brevemente, dei suoi difetti. Aveva un carattere piuttosto incostante, ma tuttavia vi poneva rimedio con l’ottima abitudine di permettere agli altri di correggerlo quando si allontanava dalla retta via.
[17] Era alquanto loquace ed assai raramente taceva; si dedicava eccessivamente all’interpretazione dei presagi, tanto che sembrava uguagliare in quest’attività l’imperatore Adriano. Era più superstizioso che osservante sincero delle disposizioni religiose; sacrificava, senza alcun riguardo, innumerevoli greggi, tanto che si credeva che, se fosse ritornato dalla campagna contro i Parti, sarebbero spariti tutti i buoi. In ciò era simile a Marco Aurelio, riguardo al quale fu scritto il distico: “I bianchi buoi salutano Marco Cesare. Se vinci ancora una volta, noi siamo finiti”.
[18] Si compiaceva degli applausi del volgo e desiderava sfrenatamente di essere lodato anche per motivi di nessuna importanza (...).
[20] Infatti, tranne rare eccezioni, fece promulgare leggi non oppressive (...). Fra le eccezioni va annoverato il crudele decreto che proibì l’insegnamento ai maestri di retorica e di grammatica cristiani, a meno che non fossero passati al culto degli déi (...).
[22] Passiamo ora a parlare del suo aspetto esteriore e della forma delle membra. Era di media statura, aveva le chiome morbide come se fossero pettinate e portava un’ispida barba che finiva a punta. Gli occhi splendevano di fulgida bellezza ed indicavano l’acume della sua mente. Aveva belle sopracciglia, naso molto diritto, la bocca un po’ troppo grande con il labbro inferiore cadente. Il collo era largo ed alquanto curvo, le spalle ampie e forti. Dal capo alla punta dei piedi era ben formato, per cui era robusto ed un ottimo corridore (...).

Eutropio, Breviario dalla fondazione di Roma (X, 16)
Quindi Giuliano entrò in possesso dell’impero e, con grande schieramento di forze, mosse contro i Parti; a questa spedizione presi parte anch’io.
Occupò per resa o espugnandoli con la forza alcune città e castelli dei Persiani; poi saccheggiò l’Assiria e per qualche tempo tenne stabilmente il suo quartiere a Ctesifonte.
Ritornando vincitore, per essersi troppo temerariamente mescolato coi combattenti, rimase ucciso da mano nemica il 26 giugno dell’anno settimo del suo impero e trentesimosecondo della sua vita, e fu ascritto tra gli dei.
Straordinaria personalità, avrebbe governato egregiamente lo stato, se i fati glielo avessero consentito; fu profondo quanto altri mai nelle discipline liberali, molto dotto nelle lettere greche, tanto che la sua cultura latina non poteva in alcun modo sostenerne il paragone, fecondo e pronto parlatore, di memoria tenacissima, in alcune cose assai simile a un filosofo.
Fu liberale verso gli amici, ma meno cauto di quanto convenisse a un così grande principe. Alcuni infatti ne intaccarono la fama.
Fu giustissimo verso i provinciali e moderatore dei tributi per quanto era possibile, umano con tutti, poco preoccupato dell’erario, avido di gloria e per essa spesso smodato nei disegni, persecutore eccessivo della religione cristiana, ma tuttavia astenendosi dallo spargere sangue, poco dissimile da Marco Antonino, che egli si studiava anche di imitare.

Orosio, Le storie contro i pagani (VII, 30, 1-6)
[1] Nell’anno 1116 dalla fondazione di Roma, Giuliano, già Cesare e in seguito impadronitosi del supremo potere come trentaseiesimo dopo Augusto, regnò da solo un anno e otto mesi.
[2] Perseguitando la religione cristiana più con l’astuzia che con la forza, cercò di ottenere che la fede di Cristo fosse negata e reintrodotto il culto degli idoli più con gli onori che con la costrizione e tormenti.
[3] Ordinò poi esplicitamente con un editto che nessun cristiano potesse professare l’insegnamento degli studi liberali. Ciononostante, come abbiamo appreso dai nostri antenati, tutti quasi dovunque rispettarono le condizioni poste dall’editto e preferirono abbandonare l’ufficio piuttosto che la fede.
[4] Giuliano però, preparando una guerra contro i Parti e traendo con sè a ineluttabile perdizione le forze romane raccolte da ogni parte, consacrò ai suoi dei il sangue dei cristiani, intenzionato a perseguitare pubblicamente le chiese se fosse riuscito a conquistare la vittoria.
[5] Aveva infatti ordinato di costruire a Gerusalemme un anfiteatro in cui, di ritorno dai Parti, potesse gettare alle belve rese ad arte più feroci i vescovi, i monaci e tutti i santi del luogo e godere del loro supplizio.
[6] E così, tolto l’accampamento da Ctesifonte e spinto nel deserto dall’inganno di un fuggitivo, mentre l’esercito periva sfinito dalla sete e dall’ardore del sole, nonché dall’insopportabile bruciore della sabbia, l’imperatore, aggirandosi troppo incautamente in quelle plaghe desertiche, preoccupato da così estremo pericolo, morì colpito dall’asta di un cavaliere nemico che gli era balzato innanzi. Così Dio misericordioso dissolse gli empi propositi con la morte dell’empio.

1 commento:

  1. Alcuni link rimandano ad altri siti come la versione stampabile pdf in basso a destra. Si sente la mancanza delle fonti dirette. Nessuna orazione o passi e presente
    Mario

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